Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

Sei personaggi in cerca d’autore

“Io ho voluto rappresentare sei personaggi che cercano un autore. Il dramma non riesce a rappresentarsi appunto perché manca l’autore che essi cercano; e si rappresenta invece la commedia di questo loro vano tentativo, con tutto quello che essa ha di tragico per il fatto che questi sei personaggi sono stati rifiutati.

Ma si può rappresentare un personaggio, rifiutandolo? Evidentemente, per rappresentarlo, bisogna invece accoglierlo nella fantasia e quindi esprimerlo. E io difatti ho accolto e realizzato quei sei personaggi; li ho però accolti e realizzati come rifiutati: in cerca d’altro autore.

Bisogna ora intendere che cosa ho rifiutato di essi; non essi stessi, evidentemente; bensì il loro dramma, che, senza dubbio, interessa loro sopra tutto, ma non interessava affatto me, per le ragioni già accennate.

E che cos’è il proprio dramma, per un personaggio?

Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.

Io, di quei sei, ho accolto dunque l’essere, rifiutando la ragion d’essere…

(Luigi Pirandello, dalla prefazione a “Sei personaggi in cerca d’autore”, ed. Einaudi)

Prima di ogni altra considerazione, mi sembra doveroso premettere che “Sei personaggi in cerca d’autore” è un capolavoro. L’opera, sorta da alcuni frammenti di un “romanzo da fare”, oltre a sviluppare alcuni dei tipici argomenti dell’autore, quali ad esempio la relatività delle nostre conoscenze e il concetto di “maschera”, è in via principale incentrata su una tematica già affrontata in almeno un paio di brevi novelle (“La tragedia di un personaggio” e “Colloqui con i personaggi”), ma che raggiunge in questo lavoro un livello sublime. Il testo originale, che ebbe lunga gestazione, fu rappresentato per la prima volta nel 1921 a Roma, risultando un fiasco, salvo poi, dopo le repliche di Milano, essere riconosciuto come eccellenza e quindi inscenato in tutta Europa. Ristampato e riscritto dall’autore, si giunse all’edizione del 1925, quella che ho letto.

L’articolata e accurata prefazione di Pirandello merita una menzione a sé stante, per la capacità della stessa di farci comprendere al meglio ciò che andremo a leggere. L’autore ci spiega la genesi dell’opera teatrale, con particolare riferimento alla Fantasia, la sua “servetta sveltissima”, che un giorno gli ha portato dinanzi una famiglia e i suoi drammi, cioè i personaggi in cerca d’autore del titolo, dei quali egli non sapeva che farsene, pur essendo consapevole che non poteva liberarsi della loro presenza con tanta facilità. Non sto qui a cercare di fare l’esegesi delle parole di Pirandello, che in maniera mirabile vi farà capire le sue intenzioni, il pathos della creazione e la dialettica autore-personaggio che la sua fervida mente immaginò e successivamente mise in atto. Mi limito a riportare tre nuclei che lo stesso Pirandello ritiene fondamentali per capire l’opera, cioè l’inganno della comprensione reciproca fondata sulla vuotezza delle parole, la molteplicità delle personalità non riconducibili a unità e il conflitto tra il movimento che caratterizza l’esistenza e la fissità della forma artistica.

La vicenda ha inizio mentre una compagnia di attori teatrali, guidati dal Capocomico, stanno per iniziare le prove di un testo pirandelliano. Il tutto è interrotto dall’irrompere improvviso di sei personaggi appartenenti a una famiglia: il Padre, preda del rimorso, l’addolorata Madre, l’impudente e vendicativa Figliastra, un Figlio sdegnato, un Giovinetto quattordicenne e una Bambina piccolissima, questi ultimi due silenti per tutta l’opera. I sei sono, come espresso dal titolo, in cerca di un autore che possa scrivere e rappresentare il loro dramma familiare. All’iniziale perplessità del Capocomico, subentra una successiva apertura dello stesso, che, stimolato dal racconto delle vicende drammatiche dei sei, vorrebbe prendere appunti e far in seguito rappresentare la loro storia dalla compagnia che era lì riunita per altro. I personaggi, però, che si sentono vivi più degli attori che dovrebbero interpretarli, non accettano e ritengono di essere gli unici in grado di portare sulla scena le loro burrascose vicende familiari.

Pirandello, con magistrale abilità, alterna il registro comico a quello drammatico e sviluppa un’opera teatrale che può essere letta su diversi piani. Innanzitutto c’è la vicenda reale, esistenziale, della famiglia dei sei personaggi; poi c’è il rapporto tra questi e l’autore che, rifiutandoli, li ha spinti lì, in cerca di un autore; ancora, c’è la dinamica tra i personaggi e gli attori che dovrebbero rappresentarli. Gli spunti di riflessione, insomma, davvero non mancano, a partire dalla frantumazione dei meccanismi classici del teatro fino al rapporto tra vita e arte.

Lo ribadisco anche in chiusura: capolavoro.

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