“Contorcimenti mentali”
“Nella bella letteratura, purtroppo, nulla è così difficile da descrivere come un uomo che pensa. Quando una volta gli fu chiesto come facessero a venirgli in mente tante cose nuove, un grande inventore rispose: «Pensandoci di continuo». E, in effetti, è proprio vero che le idee inaspettate vengono in mente solo perché uno se le aspetta. Esse sono in una discreta parte il risultato del carattere, di predisposizioni stabili, di un’ambizione costante e di un’attività instancabile. Quanto dev’essere noiosa una tale costanza! Sotto un altro aspetto, poi, la soluzione di un problema intellettuale non è molto diversa da ciò che avviene quando un cane con un bastone in bocca vuole passare per una porta stretta: gira il capo a destra e a sinistra, finché il bastone si infila dentro, proprio come facciamo noi, con l’unica differenza che i nostri tentativi non sono del tutto casuali, ma per esperienza sappiamo già all’incirca cosa si debba fare. E benché una testa pensante sia naturalmente molto più abile ed esperta nelle rotazioni di uno stupido cane, tuttavia riuscire a infilarsi dentro rappresenta una sorpresa anche per lui; accade all’improvviso, ed egli percepisce in sé un certo stupore, come se i pensieri avessero fatto tutto da soli anziché aspettare il loro creatore. Questo stupore viene definito oggi, da molti, intuizione, mentre un tempo lo si chiamava anche ispirazione, e si pensa che debba trovarsi in essa qualcosa di sovrapersonale; invece si tratta unicamente di qualcosa di impersonale, ossia l’affinità e l’omogeneità di ciò che si incontra in una mente.
Quanto migliore è la mente, tanto meno la si percepisce. Per questo il pensare, finché si sta pensando, in fin dei conti è una condizione estremamente penosa, una specie di colica di tutti i contorcimenti mentali, mentre quando si è finito di pensare non ha più la forma del pensiero nel quale si pensa, ma già quella del pensato, e questo è purtroppo una forma impersonale, poiché il pensiero è ora rivolto all’esterno, pronto per essere comunicato al mondo. Quando un individuo pensa è impossibile per così dire agguantare il momento di passaggio dal personale all’impersonale, e dunque il pensare mette chiaramente in tale imbarazzo gli scrittori, al punto che essi preferiscono evitarlo.”
(Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, ed. Newton Compton)