Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

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“L’assoluto naturale” (Goffredo Parise)

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DONNA                    Io capisco, invece. Idealmente. Non hai detto tu stesso che la differenza fra noi due è, in un certo modo, la differenza tra la realtà e le idee?

UOMO                      Non ho detto questo…

DONNA               Questo è il senso. Me l’hai anche dimostrato e del resto te l’ho dimostrato io stessa, con la mia lunga, struggente confessione anatomica. E tu con le tue metafore. Dicendo che ami i miei capelli perché metaforici mi hai tradito. E io per amore, per vero amore e oscuramento di tutto, della realtà, ho creduto…ho creduto…ma perché? Perché?…Posso io vivere, amare, fondere il mio corpo con il tuo in mezzo a una selva di metafore? Posso io dividere il mio amore per te con mille e mille immagini che affollano il mio letto, la mia mente e soprattutto la tua mente da cui escono come nugoli di nere farfalle: presenze ideali, poetiche, come tu le chiami, che io non so vedere, toccare, cacciare, ma devo solo subire?

UOMO                    Tutto ciò che stai dicendo, per quello che riguarda le idee, fa parte della natura dell’uomo; egli esprime così la sua vita…

DONNA                 Parole, parole, parole. In realtà, come il pensiero permette all’uomo di esprimersi, così ostacola l’espressione amorosa, che è di gran lunga la più importante. A cosa servono le attività del pensiero? Continua a leggere…

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Nietzsche sul sogno e sugli istinti

“Ci siamo, quindi?”. Con queste parole, stamattina, si chiudeva un mio sogno meraviglioso per complessità, assurdità, personaggi e situazioni. Non sto qui a raccontarlo perché non saprei renderlo. Finiva dinanzi a una porta, all’interno di una scuola o qualcosa del genere. Nell’accingermi ad aprirla ero consapevole che, aprendola, il sogno sarebbe finito e mi rivolgevo a un mio compagno onirico con la domanda di cui prima. A un suo cenno affermativo, la porta veniva aperta e io mi trovavo nel mio letto, fuori dal sogno.

Con l’occasione sono andato a rileggermi un aforisma di Nietzsche, contenuto in “Aurora”, che mi aveva colpito quando lessi quell’opera. Accanto al testo avevo annotato: “Anticipa Freud”.

È un po’ lungo, ma a mio avviso merita.

 

119. Esperienza vissuta e finzione poetica. Per quanto uno faccia progredire la sua conoscenza di sé, nessuna cosa potrà mai essere più incompleta del quadro di tutti quanti gli istinti che costituiscono la natura umana. Difficilmente potrà dare un nome ai più grossolani di essi: il loro numero e la loro forza, il loro flusso e riflusso, il giuoco alterno dell’uno con l’altro e soprattutto le leggi del loro nutrimento gli resteranno del tutto sconosciuti. Questo nutrimento diventa dunque un’opera del caso; i nostri intimi eventi d’ogni giorno gettano ora a questo, ora a quell’istinto, una preda che viene subito rapidamente afferrata, ma l’intero andirivieni di queste vicende sta al di fuori di ogni nesso razionale con le esigenze nutritive di tutti quanti gli istinti: di modo che subentrerà sempre un duplice fenomeno, l’essere affamati e il languire degli uni, il rimpinzarsi, invece, degli altri. Ogni momento della nostra vita ci fa crescere alcuni tentacoli del nostro essere ed altri invece gli atrofizza, secondo appunto il nutrimento che quel determinato momento porta o no in se stesso. Le nostre esperienze, come si è detto, sono tutte, in questo senso, mezzi d’alimentazione, ma sparsi con mano cieca, senza sapere chi è che ha fame e chi è già sazio. E in conseguenza di questo casuale nutrimento delle parti, anche il polipo interamente sviluppatosi sarà qualcosa di altrettanto casuale, come lo è il suo divenire. Per parlare più chiaramente: Continua a leggere…

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