Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

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L’inespresso (H. James, W. Faulkner, Totò, Marlene kuntz e chi più ne ha più ne metta)

Sto leggendo “La bestia nella giungla” di Henry James. Ho la sensazione che mi dedicherò anche ad altre sue opere, perché mi sta “prendendo”. Forse scriverò qualcosa su quello che sto leggendo, intanto però ne riporto un passaggio. Mentre leggevo le parole di James, mi sono tornate in mente una frase di Faulkner e una scena tratta da “Che cosa sono le nuvole” di Pasolini. I due libri e il filmato probabilmente non hanno granché ad accomunarli. Nello specifico, però, ciascuno dei tre fa riferimento a qualcosa di vago, indefinito, inespresso, un ‘qualcosa’ che talvolta sentiamo ma che non riusciamo a esprimere, oppure che non ‘vogliamo’ esprimere perché ci fa paura pronunciare certe parole che renderebbero ‘reale’ ciò che ci piace conservare come sola sensazione, o ancora che è meglio non esprimere, perché una volta espresso quel ‘qualcosa’ perirebbe all’istante.

P.s.: dopo aver scritto quanto sopra mi è venuta in mente anche “Canzone ecologica” dei Marlene Kuntz. La aggiungo in coda. Poi mi fermo, altrimenti di questo passo quest’articolo, nato per essere breve, diventa un poema.

Lei non voleva dire quello che tutti e due sapevamo. “La ragione per cui non lo vuoi dire è che quando lo dici, anche a te stessa, dopo saprai che è vero. Perché non vuoi dirlo, neanche a te stessa?”. Lei non vuole dirlo.

(W. Faulkner, “Mentre morivo”).

“Beh, pensavo fosse proprio questo il punto a cui volete arrivare…il fatto che non abbiamo mancato di guardare in faccia praticamente ogni cosa.”

“Compresi noi due, l’uno con l’altra?”, May sorrise di nuovo. “Ma avete ragione voi. Ci siamo sempre scambiati grandi fantasie, spesso grandi paure; ma molte altre sono rimaste inespresse.”

“Allora, il peggio…quello non l’abbiamo affrontato. Per quel che mi riguarda, ritengo di poterlo affrontare solo se sapessi quale pensate che sia. Mi sento”, spiegò Marcher, “come se avessi perduto la capacità di concepire simili cose.” E si domandò se davvero appariva confuso come lui si sentiva. “Come se si fosse esaurita…”

“Perché allora date per scontato”, chiese lei, “che la mia non lo sia?”

“Perché mi avete dato le prove del contrario. Perché non è questione di concepire, di immaginare, di confrontare. Non si tratta ora di scegliere.” E infine si decise a parlare chiaro. “Voi sapete qualcosa che io non so. Me l’avete lasciato intendere prima.” Continua a leggere…

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