“Il fu Mattia Pascal” (Luigi Pirandello)
“Avevo già sperimentato come la mia libertà, che a principio m’era parsa senza limiti, ne avesse purtroppo nella scarsezza del mio denaro; poi m’ero anche accorto ch’essa più propriamente avrebbe potuto chiamarsi solitudine e noja, e che mi condannava a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso; mi ero allora accostato agli altri, ma il proponimento di guardarmi bene dal riallacciare, foss’anch debolissimamente, le fila recise, a che era valso? Ecco, s’erano allacciate da sé, quelle fila; e la vita, per quanto io, già in guardia, mi fossi opposto, la vita mi aveva trascinato, con la sua foga irresistibile: la vita che non era più per me.”
(Luigi Pirandello, “Il fu Mattia Pascal”, Loescher editore)
“Il fu Mattia Pascal”, oltre a essere un capolavoro della letteratura italiana (e non solo), rappresentò, insieme a “La coscienza di Zeno” e ai romanzi di Dostoevskij, una svolta importante nel mio approccio ai romanzi. I temi dell’identità e del doppio mi hanno sempre affascinato e chi ha avuto il masochismo necessario per leggersi la presentazione di questo blog avrà forse notato un qualche influsso pirandelliano. Pubblicato per la prima volta nel 1904, prima a puntate e poi in volume, fino all’edizione definitiva nel 1921, il romanzo segna, nell’ampia e pregevole produzione di Pirandello, una svolta dalle concezioni antecedenti, positivistiche e oggettivistiche, a quelle relativistiche e soggettivistiche, che poi l’autore svilupperà nelle altre sue opere, fino a giungere all’apice, all’esplosione delle identità con “Uno, nessuno, centomila” .
“Il fu Mattia Pascal” anticipa di soli quattro anni il saggio “L’umorismo”, con il quale Pirandello, Continua a leggere…