Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

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“Contorcimenti mentali”

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“Nella bella letteratura, purtroppo, nulla è così difficile da descrivere come un uomo che pensa. Quando una volta gli fu chiesto come facessero a venirgli in mente tante cose nuove, un grande inventore rispose: «Pensandoci di continuo». E, in effetti, è proprio vero che le idee inaspettate vengono in mente solo perché uno se le aspetta. Esse sono in una discreta parte il risultato del carattere, di predisposizioni stabili, di un’ambizione costante e di un’attività instancabile. Quanto dev’essere noiosa una tale costanza! Sotto un altro aspetto, poi, la soluzione di un problema intellettuale non è molto diversa da ciò che avviene quando un cane con un bastone in bocca vuole passare per una porta stretta: gira il capo a destra e a sinistra, finché il bastone si infila dentro, proprio come facciamo noi, con l’unica differenza che i nostri tentativi non sono del tutto casuali, ma per esperienza sappiamo già all’incirca cosa si debba fare. E benché una testa pensante sia naturalmente molto più abile ed esperta nelle rotazioni di uno stupido cane, tuttavia riuscire a infilarsi dentro rappresenta una sorpresa anche per lui; accade all’improvviso, ed egli percepisce in sé un certo stupore, come se i pensieri avessero fatto tutto da soli anziché aspettare il loro creatore. Questo stupore viene definito oggi, da molti, intuizione, mentre un tempo lo si chiamava anche ispirazione, e si pensa che debba trovarsi in essa qualcosa di sovrapersonale; invece si tratta unicamente di qualcosa di impersonale, ossia l’affinità e l’omogeneità di ciò che si incontra in una mente.
Quanto migliore è la mente, tanto meno la si percepisce. Per questo il pensare, finché si sta pensando, in fin dei conti è una condizione estremamente penosa, una specie di colica di tutti i contorcimenti mentali, mentre quando si è finito di pensare non ha più la forma del pensiero nel quale si pensa, ma già quella del pensato, e questo è purtroppo una forma impersonale, poiché il pensiero è ora rivolto all’esterno, pronto per essere comunicato al mondo. Quando un individuo pensa è impossibile per così dire agguantare il momento di passaggio dal personale all’impersonale, e dunque il pensare mette chiaramente in tale imbarazzo gli scrittori, al punto che essi preferiscono evitarlo.”
(Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, ed. Newton Compton)

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“Un antropologo su Marte” (Oliver Sacks)

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“Sull’aeroplano per Denver avevo letto un testo eccezionale, scritto da una bambina normale, molto dotata, di nove anni – una storia di fate da lei creata, con un meraviglioso senso del mito: tutto un mondo di magia, animismo e cosmogonie. Mentre camminavamo in mezzo alle code di cavallo, mi chiedevo quale fosse la cosmogonia di Temple. Come reagiva ai drammi o ai miti? Che cosa significavano per lei? Le chiesi dei miti greci, e mi rispose che ne aveva letti molti da bambina e che aveva riflettuto soprattutto su quello di Icaro, di come fosse volato troppo vicino al Sole e le sue ali si fossero sciolte, di come egli fosse precipitato trovando così la morte. <<Comprendo i miti di Nemesi e Ibris>> aggiunse, ma capii che gli amori degli dèi la lasciavano indifferente – indifferente e disorientata. Lo stesso con le opere di Shakespeare: era sconcertata da Romeo e Giulietta (<<Non ho mai capito cosa stessero combinando>>) e si smarriva con tutti gli avanti e indietro di Amleto. Temple attribuiva questi problemi alla sua <<difficoltà di stabilire le sequenze>>; ma sembravano piuttosto derivare dall’incapacità di immedesimarsi nei personaggi e di seguire il complesso intreccio delle loro motivazioni e intenzioni. Temple mi disse che riusciva a comprendere le emozioni <<semplici, forti e universali>>, ma che era sconcertata da quelle più complesse o simulate. <<Molto spesso>>, mi confidò, <<mi sento come un antropologo su Marte>>.”

(Oliver Sacks, “Un antropologo su Marte”, ed. Adelphi)

Di Oliver Sacks, neurologo e autore di questi romanzi neurologici, avevo già letto e apprezzato “L’uomo che scambiava sua moglie per un cappello”; anche il libro oggetto di queste mie impressioni ha come protagonisti Continua a leggere…

“Un mondo perduto e ritrovato” (Aleksandr Lurija)

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“Più a lungo la mia mente rimugina cercando nella memoria le parole necessarie per esprimere questo pensiero, più diventa difficile ricordare le parole adatte. Ma qualcosa devo pur ricordare, almeno parole approssimative, generiche, non esatte, almeno quelle. Le raccolgo, queste parole ausiliarie per il mio pensiero. Però non mi metto a scrivere subito, perché devo comporre la frase. E comincio a comporla, giro e rigiro le parole più volte, per far sì che la frase somigli a quelle che ho sentito o letto nei libri veri, corretti.

Ma che fatica scrivere! Mi viene in mente l’idea di descrivere qualcosa tratto da ciò che ricordo del ferimento, della successiva malattia, i primi tormenti. Ho preso al volo un bel pensiero! Comincio a cercare una parola per questo pensiero, poi un’altra… ma la terza parola per esprimere questo pensiero non mi viene, non la ricordo… la cerco, cerco… Alt! L’ho trovata! L’ho trovata! Ma qual era il mio pensiero?… L’ho dimenticato… E dove sono le due parole che avevo trovato con tanta fatica? Non ricordo nemmeno quelle. Torno a frugare nella memoria, di nuovo cerco il pensiero per scriverlo, cerco le parole adatte per questo o quell’altro pensiero, le annoto su fogli e foglietti, prima di inserirle nel testo che devo scrivere, unendole al pensiero sviluppato dalla mia mente disturbata dalla ferita. Ma com’è doloroso tutto questo… Dimenticare continuamente cosa stai scrivendo, cosa stai pensando, dove ti trovi, non ricordarlo, non saperlo per lunghi minuti…”

(Aleksandr Lurija, “Un mondo perduto e ritrovato”, estratto da una pagina del diario di Lev A. Zaseckij, ed. Adelphi)

Nel 1943, lungo il fronte occidentale russo, il ventitreenne soldato Lev A. Zaseckij, già studente d’ingegneria meccanica, è colpito in testa da un pallottola sparata da un tedesco, che non sarà mai estratta dal suo cervello, Continua a leggere…

“Conoscerete la nostra velocità” (Dave Eggers)

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“L’anno appena passato era stato il più strano della mia vita, il più brutale e bizzarro. Avevo perduto Jack e mi era capitato tra le mani più denaro di quanto avessi mai visto in una volta. Mi capitava sempre più spesso di svenire e inciampare. Sentivo troppo e troppo intensamente. Ogni cosa mi si gettava davanti agli occhi. Passavo ore a galleggiare in questa o quella piscina, o seduto per interi pomeriggi in terrazza a osservare mediocri panorami. Mi sentivo invadere da una gioia subitanea, sin eccessiva, di fronte a una coppia felice. Vedevo o sentivo parlare di gente, di solito gente che conoscevo appena o che magari neppure mi piaceva più di tanto, mi dicevano che si erano messi insieme, si erano trovati dopo tante tribolazioni, e mi sentivo invadere da una sorta di incanto. Ero preso in contropiede dalle cose più familiari.”

(Dave Eggers, “Conoscerete la nostra velocità”, ed. Piccola Biblioteca Oscar Mondadori)

Se qualcuno mi avesse proposto di leggere un romanzo che narra le vicende di due amici che decidono di viaggiare per il mondo con lo scopo di spendere quanto più denaro possibile, credo che mi sarei rifiutato, Continua a leggere…

“Fuga nelle tenebre” (Arthur Schnitzler)

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“Improvvisamente sentì nascere in lui un’angoscia da mozzare il respiro, un’angoscia del tutto nuova, che pure era sempre la stessa. Perché ad un tratto gli era venuta in mente la lettera? Che significato poteva avere ormai quella lettera? Essa poteva valere solo in un determinato caso; un caso inesistente, che non poteva mai più verificarsi. Non era pazzo; era sano. Ma a cosa gli serviva se gli altri lo ritenevano pazzo? A cosa gli serviva se alla fine lo stesso fratello lo avesse considerato pazzo? Non poteva accadere che un occhio turbato scambiasse proprio quella meravigliosa trasformazione della sua condizione di spirito, quel senso di euforia e di rilassatezza, quella serenità della sua natura, per i primi sintomi di una incipiente malattia mentale? Solo pochi giorni prima Marianne gli aveva manifestato la sua crescente preoccupazione per l’aspetto pallido e affaticato del marito; e quando Robert, in seguito a quel colloquio, aveva osato dare a Otto qualche fraterno consiglio, era rimasto colpito dal tono esageratamente eccitato, quasi sgarbato con cui il fratello gli aveva risposto, e ora gli sembrò addirittura di ricordare che negli ultimi tempi l’andatura e il portamento di Otto avevano subito una singolare trasformazione. E se fosse più malato di me, pensò Robert. Se fosse lui il malato – lui soltanto?”

(Arthur Schnitzler, “Fuga nelle tenebre”, ed. Adelphi)

Arthur Schnitzler non mi ha deluso nemmeno stavolta, “Fuga nelle tenebre” mi ha confermato che si tratta di un autore che per troppo tempo avevo associato solo a “Doppio sogno”. Le più recenti letture dei suoi libri, quali ad esempio “Il ritorno di Casanova”, “Morire” e “Il sottotenente Gustl”, mi avevano fatto apprezzare le sue qualità di fine indagatore della psiche umana, apprezzate anche da Freud.

“Fuga nelle tenebre” è la descrizione di una lenta ma inesorabile discesa negli abissi da parte di un uomo, Continua a leggere…

“L’assoluto naturale” (Goffredo Parise)

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DONNA                    Io capisco, invece. Idealmente. Non hai detto tu stesso che la differenza fra noi due è, in un certo modo, la differenza tra la realtà e le idee?

UOMO                      Non ho detto questo…

DONNA               Questo è il senso. Me l’hai anche dimostrato e del resto te l’ho dimostrato io stessa, con la mia lunga, struggente confessione anatomica. E tu con le tue metafore. Dicendo che ami i miei capelli perché metaforici mi hai tradito. E io per amore, per vero amore e oscuramento di tutto, della realtà, ho creduto…ho creduto…ma perché? Perché?…Posso io vivere, amare, fondere il mio corpo con il tuo in mezzo a una selva di metafore? Posso io dividere il mio amore per te con mille e mille immagini che affollano il mio letto, la mia mente e soprattutto la tua mente da cui escono come nugoli di nere farfalle: presenze ideali, poetiche, come tu le chiami, che io non so vedere, toccare, cacciare, ma devo solo subire?

UOMO                    Tutto ciò che stai dicendo, per quello che riguarda le idee, fa parte della natura dell’uomo; egli esprime così la sua vita…

DONNA                 Parole, parole, parole. In realtà, come il pensiero permette all’uomo di esprimersi, così ostacola l’espressione amorosa, che è di gran lunga la più importante. A cosa servono le attività del pensiero? Continua a leggere…

“Incontri con menti straordinarie” (Piergiorgio Odifreddi)

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– A proposito di libri, come mai il primo libro che ha scritto si chiama Elogio dell’imperfezione?

– Perché io considero l’imperfezione come la molla darwiniana della selezione naturale. Ad esempio, gli insetti di seicento milioni di anni fa sono identici a quelli di oggi: erano già perfetti e non c’era motivo che cambiassero. L’uomo invece era imperfetto, e questo ha dato la molla per il suo sviluppo e la sua evoluzione.

Non sembra essersi evoluto molto, se guardiamo a ciò che è successo nel Novecento.

Io parlavo delle qualità mentali, mentre lei parla delle qualità emotive: si tratta di due cose molto diverse, che derivano dai nostri due cervelli. Uno è il cervello cognitivo, neocorticale, che ci distingue dagli altri animali. L’altro è il cervello arcaico, paleocorticale, che è uguale a quello dei primati subumani o delle specie inferiori: dal punto di vista emozionale, l’uomo di oggi effettivamente non è diverso dall’uomo della giungla.

(dall’intervista a Rita Levi Montalcini, in “Incontri con menti straordinarie”, Piergiorgio Odifreddi, edizione Longanesi)

“Incontri con menti straordinarie” è una raccolta di brevi interviste che Piergiorgio Odifreddi, matematico, collaboratore di diverse testate e divulgatore scientifico, ha effettuato a economisti, medici, biologi, chimici, fisici e matematici che hanno caratterizzato, con le loro scoperte e teorie, il secolo scorso e l’inizio dell’attuale. La gran parte degli intervistati ha ottenuto anche il premio Nobel o la medaglia Fields. Continua a leggere…

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