Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

Archivio per la categoria “Burckhardt”

“La civiltà del Rinascimento in Italia” (Jacob Burckhardt)

Burckhardt

Il mio incontro con Jacob Burckhardt risale alle letture delle opere di Nietzsche. I due si erano conosciuti a Basilea, Burckhardt era di quasi trent’anni più grande e già affermato professore, Nietzsche non era ancora quel gigante controverso che sarebbe divenuto di lì a qualche decennio. A unirli, così scrive anche Mazzino Montinari in “Che cosa ha detto Nietzsche”, soprattutto gli “interessi artistici”. Burckhardt fu anche uno dei destinatari delle ultime deliranti lettere del filosofo, che di lui aveva grande considerazione.

“La civiltà del Rinascimento in Italia” è già un titolo che di per sé spiega abbastanza bene qual è l’argomento del libro che ho appena finito di leggere e al quale ho già dedicato un paio di articoli, con riferimento a Petrarca. Nell’introduzione al libro si fa riferimento ai cosiddetti partiti di “burckhardtiani” e “anti-burckhardtiani”, per indicare il dibattito che questo testo ha suscitato presso gli studiosi. Le critiche che furono mosse all’autore vertevano soprattutto su due punti, cioè un’eccessiva focalizzazione sul contrasto tra “Medioevo epoca buia” e “Rinascimento epoca di luce”, nonché la struttura dell’opera a quadri slegati l’uno dall’altro. Continua a leggere…

Ancora Petrarca, stavolta sul Mont Ventoux “insieme” a Marco Pantani.

ventoux-11

Non so se questo è davvero il Mont Ventoux, non ci sono stato, io.

Marco Pantani e Francesco Petrarca, però, sì. A distanza di oltre 700 anni l’uno dall’altro.

Marco scalava le montagne in bici per “abbreviare l’agonia”, Francesco a piedi.

Lo so, in tutti i punti del mondo sono passati uomini di tutti i tipi, ma che vi devo dire, quando ho letto le parole su Petrarca che sale in cima al Ventoux, a me è venuto in mente Pantani. Le altre migliaia, milioni (beh, senza esagerare) che sono passati di lì mi scuseranno, non è che posso ricordare tutti. Ah, io sul Ventoux non ci vado, né in bici né a piedi, al momento sono sdraiato sul mio letto.

 “…dove però il suo entusiasmo raggiunge il colmo, è nell’ascesa che egli fece al Mont Ventoux…un vago desiderio di godere un ampio orizzonte s’esalta in lui…il salire alle cime di un monte senza uno scopo stabilito pareva stranezza inaudita a quanti lo circondavano, né certo era il caso di pensare a trovare amici o conoscenti che lo accompagnassero. Petrarca non prese dunque con sé che il fratello minore e, dall’ultima stazione di riposo in avanti, due uomini del luogo in qualità di guide. Mentre con costoro aveva cominciato già la salita, un vecchio pastore lo scongiurava di tornare sui suoi passi, dicendogli che anche lui, circa cinquant’anni prima, aveva tentato la stessa impresa, ma con l’unico risultato di averne le ossa rotte e le vesti lacerate, e che nessuno mai prima né dopo si era avventurato per quella via. Ma essi non si lasciano atterrire per questo, e tra indicibili stenti avanzano ancora, sinché si trovano con le nuvole sotto i piedi e hanno raggiunto la cima”.

 (da “La civiltà del Rinascimento in Italia” di Jacob Burckhardt, che a sua volta riprende un passo delle “Epistole familiari” di Petrarca)

P.s.: potrebbe sembrare, da questo e dal precedente articolo, che il libro di Burckhardt sia dedicato al 99% a Petrarca. Non è così, nelle oltre 400 pagine c’è molto altro, forse (quasi sicuro) scriverò qualcosa non appena avrò finito di leggerlo. Non so perché, però, questi due passaggi su Petrarca mi hanno stimolato il cervellino.

Sulla tomba di Petrarca e sul “pellegrinaggio”.

petrarca

Sto leggendo “La civiltà del Rinascimento” di Jacob Burckhardt, libro molto interessante, al quale tra qualche giorno potrei dedicare un articolo. Adesso, però, segnalo solo un passaggio riguardante Petrarca, tirato in ballo (assieme a Dante) come precursore di una certa “categoria” d’individui dei quali Burckhardt scrive. In particolare, però, questo testo su Petrarca è tratto da un capitolo sulla “gloria in senso moderno” e su culto delle abitazioni o dei luoghi di morte di scrittori, pittori, scultori e via discorrendo.

Scrive Burckhardt: “Anche Petrarca assaporò a larghi sorsi questa nuova glorificazione destinata dapprima soltanto agli eroi e ai santi, benché negli ultimi anni confessi egli stesso che gli riesce inutile e perfino molesta. La sua Lettera alla posterità è un conto che un uomo celebre, divenuto vecchio, si rende in dovere di rendere intorno a se stesso, per appagare la pubblica curiosità, e da essa si rileva che egli ambiva assai la gloria postuma e volentieri avrebbe rinunciato a quella che godeva tra i suoi contemporanei…E quanto non dovette sentirsi commosso quando in occasione di una sua gita ad Arezzo, sua patria, gli amici lo condussero nella casa dove era nato, e gli annunciarono che la città aveva decretato che in essa non si doveva permettere alcun mutamento!”. Prosegue Burckhardt, qualche riga dopo: “Al culto delle abitazioni si collega anche quello delle tombe d’illustri personaggi; anzi, quanto a Petrarca è oggetto di venerazione anche il luogo dove morì, e Arquà, appunto per la memoria che vi si conserva di lui, diviene un soggiorno assai ricercato dai Padovani, che vi innalzano eleganti edifici in un tempo in cui nei paesi settentrionali non si narra d’altro che di pellegrinaggi devoti a qualche immagine o reliquia miracolosa”.

(Jacob Burckhardt, “La civiltà del Rinascimento in Italia”, Newton Compton Editori))

“Pellegrinaggi”, scrive lo storico (ma non solo tale) svizzero. Tali parole hanno subito stimolato una zona del mio cervello, laddove è parcheggiata una lettura che feci qualche tempo fa, cioè “Se non la realtà” di Tommaso Landolfi. Nel brano intitolato “La gattina del Petrarca”, Continua a leggere…

Navigazione articolo