Il sogno polifonico
Come un romanzo, anche un sogno può essere scritto in prima persona, con l’io-narrante protagonista che fagocita tutto, in un lungo e delirante flusso di (in)coscienza. A volte, però, il sogno è polifonico. L’io sembra non esserci, e assisto ai dialoghi tra me e gli altri come se io fossi solo uno dei tanti personaggi presenti sulla scena, e non anche colui che sta scrivendo il sogno, né colui che ne è protagonista principale. Questo genere di sogni appare, a una prima sommaria analisi, improntato a un realismo estremo. Non ci sono, a differenza che negli altri casi, sostituzioni di persona o salti spazio-temporali. Il sogno appare come una mera prosecuzione di un’interessante discussione avuta fino a pochi minuti prima di entrare nel sogno stesso. Eppure tutto questo realismo è fondato sul nulla, perché, anche se non lo percepisco, anche se il sogno non è lucido e sembra essere piuttosto la proiezione di un film già registrato, in verità (ammesso che vi sia una verità in tal genere di cose) rappresenta l’assurdo tentativo di sapere cosa gli altri pensano realmente, attraverso i loro dialoghi su temi che nell’esistenza “reale” (ma non è il sogno stesso una “realtà” troppo spesso sottovalutata?) non con tutti è possibile affrontare, per ovvi motivi. Il punto è, però, che a meno di non cedere a teorie astruse, tutti quei dialoghi, tutti quelle espressioni del volto, quella gioia, quella malinconia, quella rabbia, quell’ironia, quell’ubriachezza, tutte quelle sensazioni, che paiono appartenere ai singoli protagonisti del sogno, non sono che creazioni dell’autore del sogno, il quale quindi, in casi come questo, è più presente che mai, sebbene giochi sporco e si nasconda dietro l’occhio della sua telecamera onirica.
Questo articolo mi è piaciuto molto e ho trovato interessante il tuo pensiero.
L’argomento si presterebbe a tante altre considerazioni, magari fatte da “esperti” della materia, ma grazie per l’apprezzamento. 🙂
Ti dirò che a me capita spesso. Credo che sia la proiezione di ciò che noi vorremmo che dicessero e pensassero, ma alla fine appunto rimangono solo nostri pensieri.
Sì, siamo i registi dei nostri sogni, però siamo dei registi che non hanno ben chiaro, non in maniera conscia, il copione.