“L’assoluto naturale” (Goffredo Parise)
DONNA Io capisco, invece. Idealmente. Non hai detto tu stesso che la differenza fra noi due è, in un certo modo, la differenza tra la realtà e le idee?
UOMO Non ho detto questo…
DONNA Questo è il senso. Me l’hai anche dimostrato e del resto te l’ho dimostrato io stessa, con la mia lunga, struggente confessione anatomica. E tu con le tue metafore. Dicendo che ami i miei capelli perché metaforici mi hai tradito. E io per amore, per vero amore e oscuramento di tutto, della realtà, ho creduto…ho creduto…ma perché? Perché?…Posso io vivere, amare, fondere il mio corpo con il tuo in mezzo a una selva di metafore? Posso io dividere il mio amore per te con mille e mille immagini che affollano il mio letto, la mia mente e soprattutto la tua mente da cui escono come nugoli di nere farfalle: presenze ideali, poetiche, come tu le chiami, che io non so vedere, toccare, cacciare, ma devo solo subire?
UOMO Tutto ciò che stai dicendo, per quello che riguarda le idee, fa parte della natura dell’uomo; egli esprime così la sua vita…
DONNA Parole, parole, parole. In realtà, come il pensiero permette all’uomo di esprimersi, così ostacola l’espressione amorosa, che è di gran lunga la più importante. A cosa servono le attività del pensiero? Che cosa creano che possa continuare dopo di noi? A noi cosa portano se non ad un folle, maniaco monologo di grandezza? E fino a che punto io posso fidarmi del pensiero che può produrre da sé continui confronti con la realtà, vera e immaginaria? E poi, insomma, cosa ne fai? A che serve?
UOMO Sarebbe lungo, a questo punto, spiegartelo. Ma è tutt’uno con me e non posso certo negarlo, fingere che non esiste.
DONNA Devi distruggerlo perché è il male.
UOMO Il male? E perché?
DONNA Perché distrugge l’amore, perché si eleva solitario al di là dell’unico rapporto possibile tra un uomo e una donna. Perché guarda la realtà e non la vive, non partecipa, perché è di per sé, per sua stessa natura, maligno. Perché è esattamente il contrario dell’amore, che è il bene e si rifà ai fenomeni naturali, e riproduce la vita…Possibile che tu sia caduto vittima del pensiero, della ragione, al punto di non capire più, di non intendere più la sola voce dell’istinto, la voce della grande e ricorrente fioritura della vita?
UOMO (l’accarezza) Sei fuori di te, quello che dici sono enormi sciocchezze…innanzitutto tu stessa hai innalzato la ragione al di sopra dell’istinto. È per questo che ora siamo qui, insieme, e ci amiamo…
DONNA Allora tu hai amato in me la ragione…Orrore!
(Goffredo Parise, “L’assoluto naturale”, ed. Feltrinelli)
“L’assoluto naturale” è consigliabile a tutti coloro che hanno avuto modo di discutere con qualcuno, e soprattutto con sé stessi, sul tema “che cos’è l’amore?”, ma in particolare a chi quasi gode nel cavillare su tale questione insolubile. Scritto in forma dialogica, con evidente possibilità di trasposizione teatrale, il testo è un’ironica indagine svolta da un uomo e una donna, i quali dichiarano di amarsi ma lo fanno partendo da presupposti opposti. Ciascun lettore potrà riconoscersi maggiormente nelle tesi dell’uno o dell’altro, o ancora in un miscuglio delle diverse opinioni, com’è più logico che sia. La scelta di assegnare all’uomo e alla donna determinati ruoli, non è, almeno a mio avviso, così decisiva, nel senso che potrebbero benissimo recitare le stesse battute a parti invertite (questo perché ritengo la divisione in generi alquanto banalizzante, soprattutto quando si afferma che “tutti gli uomini sono…” o “tutte le donne sono…”).
Parise assegna all’uomo il ruolo dell’idealista, dell’uomo che crede nel potere della ragione, mentre la donna è attaccata alla materia, all’istintualità e vorrebbe che l’uomo l’amasse in modo diverso da quello che lei percepisce. La vicenda è narrata in nove quadri, dall’incontro all’eliminazione finale, attraverso le fasi dell’accoppiamento e dei litigi per gelosia. I discorsi tra i due possono sembrare abbastanza astrusi e filosofeggianti, ma l’autore ci avverte nella prefazione che il tutto andrebbe recitato sempre con un’intonazione ironica – didascalica. Più che la vicenda in sé o le tesi di ciascuno dei due, questo libro può essere l’occasione, per chi volesse, per ridestare nel proprio cervello certi pensieri circa il mistero dell’attrazione tra uomo e donna (ma ovviamente anche tra uomo e uomo, tra donna e donna). Ammesso che si voglia compiere questa masochistica operazione, ci si potrà domandare quale ruolo gioca il desiderio irrazionale e quale la cosiddetta razionalità, se abbia “ragione” l’uomo della storia a rivendicare il diritto a essere diverso dagli oggetti e dagli animali in virtù di una coscienza che lo fa andare oltre la mera istintività o se invece faccia bene la donna a imputargli la perdita della spontaneità e a sottolineare come anch’egli, nonostante tutte quelle sottigliezze pseudo-filosofiche, non sia altro che materia organizzata.
Nella storia di Parise la donna tenta di ridurre l’uomo in catene, nel tentativo di riportarlo alla dimensione di uomo medio, tanto che, di fronte all’impossibilità di compiere tale operazione, lei si rifugia tra le braccia di Neanderthal, che meglio appaga le sue esigenze poco idealistiche. Nella breve introduzione anonima al testo dell’edizione che ho tra le mani, si parla di “cinismo non celato” e misoginismo sotterraneo” da parte di Parise e potrei anche essere d’accordo qualora ritenessi che l’autore considerava tutte le donne come quella dell’opera che, in effetti, non ne esce bene. Non ho elementi per esprimermi al riguardo e in fondo non è necessario.
Ritengo, però, come scritto all’inizio, che il tono generale, divertente, e soprattutto la possibilità di invertire a proprio piacimento le battute dei dialoghi, possano offrire al lettore, se appartenente alla categoria del lambiccatori del proprio cervello, una serie di spunti per ragionare sulla propria razionalità, sulla propria istintività e su alcune domande tra le più insolute, cioè “perché mi piace?”, “perché le (gli) piaccio?”, “perché non mi piace?”, “perché non le (gli) piaccio?”. La risposta, almeno per me, quasi sempre è “boh!”.