“Dicibile e indicibile in meccanica quantistica” (John S. Bell)
“Così nella teoria quantistica odierna sembra che l’universo vada suddiviso in un “sistema quantistico” ondulatorio e in una parte rimanente che in un certo senso è “classica”. In ogni particolare applicazione, tale suddivisione è fatta in un certo modo a seconda del grado di accuratezza e di completezza che ci si prefigge. Per me la grande sorpresa della meccanica quantistica è l’assoluta necessità, e soprattutto il carattere vago, di tale separazione. Ciò introduce un’ambiguità essenziale nella teoria fisica fondamentale, anche se solo a un livello di accuratezza e di completezza che va oltre tutti quelli richiesti nella pratica. È proprio il fatto di tollerare tale ambiguità, non meramente provvisoria bensì permanente, e al livello più fondamentale, la vera rottura con la concezione classica. Questo è l’aspetto importante, piuttosto che il fallimento di qualsiasi particolare concetto come quello di “particella” o di “determinismo”. Nella parte rimanente di questo saggio descriverò a grandi linee un certo numero di concezioni dell’universo che i fisici hanno preso in considerazione nel tentativo di venire a patti con questa situazione.”
(John S. Bell, “Dicibile e indicibile nella meccanica quantistica”, ed. Adelphi)
Questo libro era nelle mie mire da qualche tempo, ma lo avevo evitato perché prima volevo leggere testi più divulgativi, in modo da non presentarmi all’appuntamento con i saggi di Bell del tutto sprovveduto. Il titolo stesso m’induceva, peraltro, a provare un certo timore reverenziale, confermato dalla prima sommaria sfogliata alle pagine; l’apparizione di una serie di formule e simboli lontani dalla mia quotidianità mi ha fatto sospettare che avrei potuto abbandonare la lettura dopo una decina di pagine. Se sono qui a scriverne significa che non è andata così. Il saggio introduttivo (di Rodolfo Figari e Giuseppe Trautteur), l’introduzione di Bell e quella di Alain Aspect mi hanno permesso di leggere questa raccolta nella maniera più consona alle mie attuali scarse conoscenze in materia. I diversi autori, infatti, nel sottolineare come nel volume siano raccolti saggi, interventi, articoli di Bell risalenti al periodo 1964 – 1986, hanno consigliato di non attenersi all’ordine, cronologico, con il quale gli stessi sono stati riportati, ma di iniziare da determinati scritti più comprensibili o comunque di carattere più generale. Così, attenendomi agli autorevoli suggerimenti, ho iniziato dal saggio n. 20, poi ho proseguito con il 18, con altri che avevano attinenza reciproca e infine ho ripreso l’ordine cronologico per ultimare le letture.
A John Bell molti attribuiscono il merito di aver rilanciato l’interesse per la meccanica quantistica e in particolare per alcuni temi che, dopo essere stati oggetto di ampie discussioni nel decennio 1920 – 1930, erano stati accantonati o comunque messi in secondo piano. Alain Aspect, nel suo scritto introduttivo, rileva come il lavoro di Bell sul cosiddetto “paradosso EPR” (Einstein, Podolski, Rosen) costituisca, a suo avviso e non solo, uno degli studi più importanti della storia della fisica, al quale infatti sono dedicati molti dei saggi raccolti in questo libro. Altri argomenti predominanti sono l’entanglement quantistico, la località – non località dell’universo, il problema dell’osservazione e l’indefinito, labile confine tra macroscopico e microscopico. Bell ritiene la meccanica quantistica una straordinaria teoria in grado di spiegarci gli accadimenti a livello macroscopico, ma ne rileva anche le ambiguità o forse è meglio dire l’inevitabile incompletezza. L’intento che traspare da questi saggi (da quelli che ho intuito) è la ricerca di fondamenti alla teoria, il non accontentarsi di una visione pragmatica, la brama di voler distinguere ciò che è convenzione accettata dagli studiosi da ciò che invece è realtà. Sotto questo profilo, in diverse occasioni Bell si sofferma sul problema della misurazione e del rapporto tra soggetto e oggetto dell’esperimento, riepilogando le diverse prese di posizione al riguardo e proponendo la sua visione.
Per quanto riguarda il contenuto mi fermo qui, anche perché devo ammettere che sui ventiquattro saggi della raccolta ne ho compresi, o almeno intuiti, una decina, quelli con minore uso di formule matematiche. Gli altri mi sono parsi, al momento, di difficile comprensione, ma qua e là ho colto degli spunti molto interessanti. Nonostante queste mie difficoltà, sento di consigliare questo testo a chi volesse saperne di più sul dicibile e l’indicibile della meccanica quantistica, a patto di avere già letto altri testi di carattere più divulgativo e sistematico sugli argomenti trattati.
In conclusione, da lettore profano ma appassionato (sia pure da non molto tempo) della materia, debbo dire che oltre al piacere della scoperta, connesso alle inevitabili difficoltà di discernere tra le diverse teorie, un aspetto mi colpisce nel confrontare tra loro i diversi autori, cioè la diversità degli approcci, il fatto che, pur convenendo su ciò che è dato per dimostrato e assodato (sulla quale cosa, però, è sempre bene andare cauti, considerando le rivoluzioni che nel corso dei secoli hanno smontato credenze millenarie), ciascuno di essi abbia, circa le domande ultime, risposte spesso incompatibili l’una con l’altra e che molto probabilmente rimarranno indimostrabili o non falsificabili per chissà quanto tempo, certo ben oltre il confine dell’unica esistenza che al momento mi è dato conoscere. Il terribile fascino sta proprio in questa sfida continua della nostra mente alle domande su ciò che ci circonda e ancora di più su ciò che è la mente stessa. Mi piace chiudere quest’articolo con un’efficace citazione tratta dal libro di Bell, e cioè: “Il serpente non può ingoiare sé stesso dalla coda”.
“Il Problema è dunque il seguente: in che modo esattamente l’universo va diviso in un apparato dicibile, di cui è possibile parlare, e in un sistema quantistico indicibile, di cui non è possibile parlare? Quanti elettroni, o atomi, o molecole, formano un ‘apparato’?”
P.s.: si fa presente all’eventuale studente di fisica delle scuole superiori, il quale dovesse capitare su queste pagine per caso, che tutti i miei articoli sulla materia, più ancora che quelli sui romanzi, non costituiscono una fonte autorevole. È bene ribadirlo, considerando che l’anno scorso ci fu un boom di visite relative a un mio articolo su Pirandello, proprio in corrispondenza degli esami di maturità. Per la fisica il rischio dovrebbe essere minore, perché ho scritto meno articolo, ma maggiore perché ne capisco poco. In ogni caso, l’unica ragione plausibile per cui ho scritto questo post-scriptum è perché avevo due minuti da riempire.
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Carissimo Antonio, grazie per le tue parole molto indicative per una passione, la fisica quantistica, che condivido da circa due anni. Io penso di essere ancora più sprovveduta di te.., ma continuo con la mia testardaggine ad acquistare e a leggere libri su questo tema. L’ultimo è proprio quello di Bell. Ho trovato una sua citazione in un sito, a proposito delle “coincidenze o sincronicità”, e così, eccomi quì a scrivere… Al momento l’ho solo sfogliato.., ma mi ripropongo di metterci mano un po’ alla volta. Per caso hai in mente dove si parla delle coincidenze? Ci sentiamo, se vuoi, via mail appena sono in grado di parlarne… E grazie ancora!
Ciao, scusa per il ritardo nella risposta, da qualche settimana non ho effettuato accessi al blog, colpevolmente. Ho letto quel testo tempo fa ed era in prestito da un amico, quindi al momento non so rispondere alla tua domanda, alla quale peraltro, forse, avrai già risposto da sola nel frattempo. 😀 Grazie a te.