Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

Melanconia

Munch

“I rimpianti rendono l’uomo melanconico senza paralizzarlo o vanificarne le aspirazioni, poiché la coscienza dell’irreparabile che comportano è applicabile unicamente al passato, in quanto il futuro resta per certi versi aperto. La melanconia non è uno stato di gravità chiusa in se stessa, dovuta a un’affezione organica, poiché non ha niente della spaventosa sensazione di irreparabile che domina l’intera esistenza, e che si trova in certi casi di tristezza profonda. Anche la melancolia nera è più un umore temporaneo che uno stato costitutivo. Ma anche se così fosse, l’elemento della fantasticheria – che sarebbe impossibile escludere del tutto – non permetterebbe di annoverarla tra le malattie. Formalmente, la melanconia dolce e voluttuosa e la melanconia nera presentano aspetti identici: vuoto interiore, infinito esteriore, indefinitezza delle sensazioni, fantasticheria, sublimazione, ecc.; la distinzione appare evidente solo se si tiene conto della tonalità affettiva della visione. Potrebbe darsi che la multipolarità della melanconia dipenda, piuttosto che dalla sua natura, dalla struttura della soggettività. In tal caso lo stato melancolico, per la sua indefinitezza, prenderebbe forme diverse in ognuno. Privo di intensità drammatica, questo stato è più fluttuante di qualunque altro. Ricco più di virtù poetiche che attive, ha come una grazia trattenuta (ecco perché è più frequente nelle donne), che non sarebbe possibile trovare nella tristezza profonda”.

(Emile M. Cioran, “Al culmine della disperazione”)

A parte i dettagli di questo brano, che posso più o meno condividere, devo dire che mentre lo leggevo mi è venuto alla mente il quadro di Munch, e di conseguenza vi metto al corrente di questa associazione mentale che di certo darà una svolta alle vostre esistenze…:)

P.s.: ultimato il libro, avevo pensato di scrivere le mie impressioni sullo stesso, ma poi ho deciso che è meglio aggiungere un’appendice al brano che ho riportato. Non avrebbe avuto senso ricopiare un altro passaggio e non sarebbe neanche stato facile descrivervi il libro. “Al culmine della disperazione” è una raccolta di riflessioni che l’allora ventiduenne Cioran riversò sulle pagine per sopravvivere a se stesso, alla sua insonnia e alle sue disperate passeggiate solitarie. A parte qualche passaggio che non ho condiviso (non è il caso qui di spiegare le ragioni, ma ad esempio in diversi punti mi è parso misogino), si tratta, in ogni caso, di un libro di rara profondità e che vi consiglio. Non aggiungo altro (anzi, sì, tra parentesi vi consiglio di evitarlo se non vi sentite in grande forma psico-fisica. Oppure sì, visto che l’autore ci dice che se non l’avesse scritto avrebbe posto fine alle due notti).

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26 pensieri su “Melanconia

  1. Vero è che la dolce maliconia è un stato di ….beatitudine, quasi.
    Perlomeno così la vivo io…

  2. lois in ha detto:

    La Malinconia di Munch è splendida nella sua solida presenza. Si avverte tutta e nella sua interezza. Condivido con l’autore che hai postato, l’idea della transizione, della malinconia come stato provvisorio, che a volte nel suo essere “mieloso” puó anche assumere un aspetto piacevole, capace di “isolarci” romanticamente per poi ripristinarci alla vita dopo poche ore.
    Per definire la malinconia mi viene da pensare al Vate, e al suo incipit del Piacere: “l’anno moriva assai dolcemente…” e poi tra la malinconia e i giorni lenti c’era la vita…

    • Non ho un grande rapporto con D’Annunzio, anzi forse non ho un rapporto, ma la citazione che hai riportato ci sta bene, e condivido quanto hai scritto prima della stessa. Hai colto il senso delle parole di Cioran. Devo dire che questo passaggio, sulla melanconia, è una sorta di oasi di serenità all’interno di un libro che finora ha tenuto pienamente fede al titolo.

      • gelsobianco in ha detto:

        Credo che chiunque dovrebbe avere un rapporto con D’Annunzio.
        Ci sono sue opere degne di ammirazione.
        Scusami se mi sono permessa scrivere questa mia idea!

        Torno con calma per leggere bene il tuo post che ho solo intravisto.
        Non basta!
        Bisogna leggere bene ciò che un blogger scrive:-)

      • No, ma non metto in dubbio il valore delle opere di D’Annunzio, è che, purtroppo, non possiamo leggere tutto di tutti, bisogna anche selezionare, essendo il nostro tempo limitato. 🙂

    • gelsobianco in ha detto:

      Complimenti, lois!

      gb

      • gelsobianco in ha detto:

        Hai ragione a dire che il nostro tempo è limitato.
        Vi sono però autori fondamentali che andrebbero letti!
        D’Annunzio ha opere vere molto belle, poi ha scritto anche qualcosa di scarso valore.
        Come fai a non conoscere “La pioggia nel pineto” o “La Figlia di Jorio” o qualche novella di D’Annunzio? Perdi molto,mon ami.
        Non ho ancora letto bene il tuo post!
        Ritorno:-)
        gb

      • Eh, ma non ho mica detto che non conosco “La pioggia nel pineto”…:-) Se non altro per reminescenze liceali, la conosco.
        Ritorna quando vuoi, tanto il blog è qui, non richiede che si suoni il campanello per guardarlo 😉

      • Mi accodo: per quanto D’Annunzio sia un autore di sensibilità molto distante dalla mia, Il Piacere è davvero piacevolissimo da leggere. Il suo incipit è tra i più belli della storia della letteratura mondiale. E anche il finale ha una morale interessante: banalizzando, chi troppo vuole nulla stringe. 🙂

      • Finirò col rileggerlo, un giorno.
        Il titolo, intanto, mi è gradito. 😀

      • Ah, ma se l’hai già letto sei a posto! 🙂

    • Girerò il ringraziamento agli autori, ovunque essi siano 🙂

      • ma no… grazi a te per aver condiviso la sensazione e l’aggancio emozionale a Munch

      • Beh…grazie 🙂 Quel quadro l’ho sentito “mio” per molti anni, poi la spiaggia si è un po’ rasserenata, ma ogni tanto riappare sotto quelle vesti.

      • oggi mi sento molto “urlo”, ma molto davvero, ad esempio… quindi capisco bene il tuo stato d’animo prima che si rasserenasse. E’ confortante avere avuto qualcuno che sa dipingere esattamente come ti senti, perchè altrimenti non sapresti come spiegarlo. Il successo dei talentuosi sta tutto qui, in fin dei conti.

      • Già. Io non sono un esperto d’arte. Non sono neanche a digiuno totale, ma il mio approccio, dinanzi a un quadro, è più che altro emotivo. In questo caso, Munch esprimeva certi miei stati d’animo, così come fanno molti libri, film, canzoni, etc…
        Spero però che la tua faccia non sia proprio come quella dell’Urlo…:-)

      • la mia faccia è da Medardo Rosso sotto il sole, in questo momento; nel senso che mi sento un po’ giù, ecco… un po’ molto giù… non come l’ “urlo”, ma quasi. Son contenta di aver trovato un esperto d’arte. Come fanno gli esperti d’arte a tiorarsi su la faccia da scultura sciolta di Medardo Rosso?

      • No, ma io NON sono un esperto! (sia chiaro, per me “esperto” non ha accezione negativa).
        In quanto alla tua faccia, non ho rimedi efficaci, qui da dietro lo schermo, attento come sto a non cadere nel sottosuolo e a non farmi scottare dal sole. Spero ti passi, anche se è banale dirlo. 🙂

      • ok, anch’io spero che passi… aspetto, non c’è altro da fare.

  3. Trovo che sia impossibile trovare definizioni all’indefinibile, e le emozioni appartengono al mondo dell’ineffabile. Forse, questo è uno dei compiti di un filosofo. Forse. Sorrido sempre quando alle donne vengono affibbiate determinate caretteristiche del loro sentire, soprattutto quando sono gli uomini a farlo! Forse, anche questo è uno dei compiti di un filosofo…
    Il tutto, in ironic mode, naturalmente!!!
    E, sì, io sono donna, e trovo che la malinconia sia più una predisposizione che uno stato passeggero. Venata di mille gradazioni diverse.
    Bello il quadro e bello, come stileminimo ha scritto, l’aggancio emozionale (aggiungo il mio personale incoraggiamento per lo stato d’animo!).
    Scusate le lungaggini, ma il brano mi ha ispirata, così, di primo mattino!

  4. Pingback: Parliamo di donne « La voce nascosta

  5. Sono d’accordo sull’ineffabilità delle emozioni, ma è pur vero che c’è chi riesce più di altri ad avvicinarsi all’indefinibile, o almeno a ciò che per me è l’indefinibile.
    Nel mio piccolo commento ho scritto che “posso più o meno condividere” proprio per sottolineare che delle parole di Cioran non condivido tutto al 100% (sarebbe abbastanza terribile condividere tutto con chicchessia), e tra le cose su cui dissento c’è proprio la frase tra parentesi, sulle donne in generale. Non mi piace mai quando si parla degli “uomini” o delle “donne” in generale, delle categorie, pure così necessarie se non vogliamo cadere nel caos più totale.
    Sono contento che il brano ti abbia ispirata, e grazie dell’incoraggiamento, fa sempre bene, anche se nello specifico non sono (meno male) in una fase di malinconia acuta. Il giusto, ecco. 🙂

  6. Hai ragione a dire che non ti piacciono le categorizzazioni uomini-donne; tuttavia in questo caso devo dire che in effetti la melanconia è molto più frequente nelle donne (una mera questione di numeri).
    M’è piaciuto molto il passaggio in cui però l’autore parla di apertura verso il futuro, che convive con la melanconia.
    Ben peggio è la tristezza profonda, che oggi sarebbe chiamata depressione, e provoca davvero quella “spaventosa sensazione d’irreparabile”: il “culmine della disperazione”. Tutto sommato questo brano mi vede d’accordo.

    E’ molto bello associare due opere d’arte e così divulgarle entrambe! Hai fatto bene!
    Il post scriptum invece mi preoccupa un po’: io spesso ho insonnia, e attualmente non sono affatto in forma psicofisica (fisica non so ma la parte psico è traballante… uhm). A presto!

    • Lui fa proprio questa differenza tra la melanconia (a me verrebbe da scrivere “malinconia”, ma mi attengo alla versione scelta dal traduttore, ehehe) e la tristezza profonda, anche in altri passaggi del libro. Non sono uno psichiatra, ma concordo sul senso di fondo.
      Per il post scriptum, era doveroso. Cioran non è allegro, va detto. Va anche aggiunto, però, come ha scritto lui stesso, che questo libro gli evitò guai peggiori, e dopo allora visse molti anni, anche se leggendo le pagine del libro sembra uno, appunto, “al culmine della disperazione”.
      Spero che anche la tua psiche torni in forma! 🙂

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