Tra sottosuolo e sole

(Non) si diventa ciò che (non) si è.

“Spiagge straniere” (J. M. Coetzee)

coetzee

Dopo aver “scoperto” J. M. Coetzee grazie alla lettura del romanzo “Vergogna”, ho preso in prestito dalla biblioteca anche “Spiagge straniere”, stimolato anche dai titoli dei singoli capitoli costituenti la raccolta. Il volume, infatti, racchiude dodici scritti pubblicati tra il 1993 e il 1999, alcuni dei quali riguardanti autori che ammiro. La prima metà del libro, in particolare, è stata per me molto stimolante, perché mi ha permesso un confronto tra le mie impressioni e quelle di Coetzee. La restante parte, invece, mi ha incuriosito su altri romanzieri che finora conosco solo di fama, ma che ancora non ho approfondito.

Il primo scritto è intitolato “Che cos’è un classico?” ed è un tentativo di comprendere perché definiamo classico un certo romanzo o un autore musicale. Coetzee parte da un intervento pubblico di T. S. Eliot e da un episodio della sua giovinezza, quando per caso ascoltò un’opera di Bach, e si chiede in quale misura i condizionamenti storico-ambientali c’influenzano nell’attribuire a un’opera la definizione di “classica”, e quanto invece trascenda le situazioni contingenti, “parlando” a qualcosa di più profondo nell’uomo. Il secondo scritto è sul “Robinson Crusoe” di Defoe, del quale Coetzee segnala quelli che a suo parere sono i pregi e i difetti.

Seguono poi tre saggi che personalmente ho gradito più di altri. Il primo è sui Diari di Musil, ma è un’occasione per presentare, sia pure in maniera concisa, l’autore di un romanzo incompiuto ma stupendo quale “L’uomo senza qualità”. C’è poi lo scritto dedicato a Dostoevskij, e in particolare al periodo compreso tra il 1864 e il 1871, nel corso del quale il romanziere russo sfornò capolavori in successione. Il terzo elaborato che mi ha affascinato è sull’erudito ed enigmatico Borges.

Nella seconda metà del volume, come scritto in precedenza, sono evocati autori che non ho ancora letto, per esempio Antonia S. Byatt, Amos Oz, Naguib Mahfouz e Doris Lessing. Di ciascuno di essi Coetzee analizza un romanzo nello specifico, forse appesantendo un po’ la scrittura, specie per chi, come me, non ha ancora letto quei romanzi, cercando però di inquadrare ciascuno di questi autori nei rispettivi contesti sociali, culturali e politici. Sotto questo profilo, ho apprezzato molto il saggio su Nadine Gordimer, nel quale l’autore, anche richiamando la figura di Turgenev, s’interroga sul se e come uno scrittore possa essere libero artisticamente o, al contrario, debba rivestire un ruolo soprattutto sociale.

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